Una doppia vita. Un giorno sul set come comparsa in Romanzo criminale, l’altro nella stanza delle torture allestita dentro un appartamento popolare in via Naide 116. Ecco chi è Daniele Carlomosti, 44 anni, comparsa del cinema diventato spietato boss romano della droga. «Il Gigante» rischia ora 20 anni di carcere e gli atti d’indagine sulla sua associazione criminale offrono un vademecum per gli omicidi delle ultime settimane a Roma. L’uomo è comparso in pellicole di successo nella sua vita parallela («Romanzo criminale», «Un gatto in Tangenziale», «Gangs of New York» con annessi selfie con Claudio Amendola, Christian De Sica, Alessandro Gassman, Tom Hanks), come racconta il Corriere della Sera

Carlomosti torturava i suoi debitori in un appartamento allestito con teli di plastica sul pavimento in previsione dei fiotti di sangue. Per questo e altri episodi la Procura ha chiesto ieri in abbreviato (quindi con condanne già ridotte di un terzo) oltre 145 anni di carcere totali per i 13 affiliati in una associazione a delinquere che sparando, rapendo, picchiando e stringendo accordi puntava a imporre il suo hashish nelle piazze di spaccio capitoline. Come ricostruito dalle indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo, confluite nell’ordinanza di arresto dello scorso maggio (31 indagati totali), il nome di Carlomosti compare a vario titolo in praticamente tutte le inchieste sulla criminalità organizzata in città.
Daniele Carlomosti è accusato anche di tortura. Secondo quanto emerso dalle indagini, l’uomo aveva una stanza delle torture dove portava chi aveva debiti nei suoi confronti. Sul pavimento erano stati sistemati dei teli di plastica per non sporcare a terra con il sangue delle vittime, pestate senza pietà per giorni. Sul capo d’imputazione di Carlomosti, si legge che un uomo con un debito nei suoi confronti di 60mila euro era stato imbavagliato, legato, spogliato e fatto stendere sui teli.