Secondo qualcuno sarebbe stato un “attentato”. Per altri il chiaro segnale dei capi piazza di Tor Bella Monca, forse vicini alla Camorra. Al momento non c’è la certezza e la squadra mobile della polizia di Stato lo fa a bocche cucite. L’obiettivo è incastonare bene quanto successo nel primo pomeriggio di martedì 29 agosto in via dell’Archeologia, dove un uomo di 28 anni in sella a uno scooter T-Max ha cercato di investire Don Antonio Coluccia, il meglio noto “prete anti spaccio” che era impegnato in una delle sue passeggiate della legalità nel quartiere
È arrivato a bordo del suo scooter, ha affiancato don Antonio Coluccia e, dopo averlo riconosciuto, ha tentato di investirlo. A far scudo al “prete coraggio” è stato un agente della sua scorta che, dopo essere stato colpito, ha sparato e ferito l’aggressore all’avambraccio. È successo questo pomeriggio in via dell’Archeologia, nel quartiere di Tor Bella Monaca, a Roma, mentre era in corso una marcia per la legalità con don Coluccia, il prete antimafia impegnato da 25 anni contro la criminalità organizzata e lo spaccio di droga. L’aggressore, al termine di una colluttazione, è stato fermato ed è stato trasportato all’ospedale Casilino insieme all’agente ferito, che non è in pericolo di vita.

A quanto si apprende, l’uomo che ha tentato di investire il sacerdote è un 28enne di origini bielorusse, già noto alle forze dell’ordine per droga. Don Coluccia, a Roma e non solo, è un simbolo della lotta allo spaccio e alla criminalità, dalle cui mani cerca ogni giorno di strappare i giovani con le sue iniziative, con i valori dello sport – a San Basilio ha aperto una palestra della legalità – e con la sua testimonianza coraggiosa, per la quale vive da molti anni sotto scorta.
“L’aggressione non mi fermerà. Continuerò la mia battaglia che sto portando avanti contro la criminalità che controlla le piazze di spaccio a San Basilio, Quarticciolo e Tor Bella Monca”. Sono state queste le parole del sacerdote, secondo quanto si apprende, durante le telefonate con il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, e il capo della polizia, Vittorio Pisani, che lo hanno chiamato per sincerarsi delle sue condizioni poco dopo aver subito l’aggressione