Donna muore a 43 anni dopo un intervento di routine, medici assolti

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Immacolata Buontempone si sottopone a un intervento per perdere peso. Operata a Reggio Calabria contrae in seguito all’intervento una gravissima infezione. Trasferita d’urgenza a Roma, la setticemia risulta per lei letale. 8 i medici finiti a processo.

Morta a 43 anni per setticemia post intervento, la vicenda

Parole di dolore e incredulità sono quelle che confidano i familiari di Immacolata Buontempone a RomaToday. Quella che doveva essere una semplice operazione di routine si è trasformata in una tragedia. Immacolata ha perso la vita dopo aver contratto una gravissima infezione post operatoria e per la sua famiglia è iniziato un incubo che dura ormai da 9 anni.

Nel 2013 Immacolata Buontempone si sottopone a un intervento per perdere peso. L’operazione è considerata di routine, prevede l’inserimento di un palloncino all’interno dell’esofago, ma qualcosa va storto. L’esofago viene perforato e la paziente viene trasportata d’urgenza dalla clinica Villa Sant’Anna di Reggio Calabria al Policlinico Umberto I di Roma. La lacerazione all’esofago causa a Immacolata una setticemia che sarà per lei letale.

Come riporta RomaToday, questo travaglio dura 39 ore: i medici della clinica provano a trasferirla agli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria senza successo. I familiari riescono allora a trovarle un posto al Policlinico Umberto I di Roma, dove viene trasferita in elicottero. Qui viene indotto alla paziente il coma farmacologico per prendere tempo. I medici sostengono infatti che sia necessario aspettare che la febbre scenda prima di poter intervenire con una nuova operazione. Passano così 9 giorni. Immacolata viene poi sottoposta a un lunghissimo intervento chirurgico durato quasi 12 ore. La mattina successiva la donna muore.

Medici assolti, la rabbia della famiglia

Marianna De Pietro, figlia della vittima, spiega a RomaToday come il consulente legale di famiglia sostenga che la signora Buontempone avrebbe potuto salvarsi se solo fosse stata applicata una protesi all’esofago per chiudere la lacerazione. I familiari rimproverano ai medici la negligenza avuta nei confronti di Immacolata.

“Nessuno sembrava sapere cosa fare” queste le parole di Marianna. C’è rabbia e incredulità da parte dei familiari della vittima verso coloro che erano stati accusati di omicidio colposo di primo grado e che invece ora, dopo 9 anni, sono stati assolti. Paola Parisi, mamma della donna, si rimprovera di non aver chiamato immediatamente le forze dell’ordine, convinta del fatto che così facendo la figlia avrebbe potuto salvarsi. La famiglia chiede ancora giustizia, l’appello che fanno è nella speranza che cose di questo tipo non accadano mai più.

Giamila D’Angelo

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