L’Associazione Differenza Donna si oppone all’archiviazione delle indagini sul cimitero dei feti al Flaminio. Privacy non tutelata per le donne che scelgono l’aborto: presenti i nomi delle suddette sulle croci, a loro insaputa.
Il silenzio della Procura
Il 1978 non è poi così lontano se si pensa ad un cimitero dei feti teso a condannare le donne che abortiscono. I loro nomi sulle croci rappresentano un’istigazione al peccato, una sorta di punizione per aver scelto cosa fare con il proprio corpo. Riservatezza e pudore non sono alla base di questa triste vicenda che comincia nel 2020, dalla testimonianza di Francesca Tolino. Dopo un aborto ha scoperto che il suo nome è stato marchiato su una croce e che il suo feto giace lì sepolto, senza autorizzazione. Si è violata la legge 194 – che disciplina le modalità d’accesso all’aborto – nel cuore di Roma e sotto gli occhi di tutti, celandosi dietro al silenzio delle autorità.
Ad occuparsi di rendere giustizia alle donne umiliate da questo atto così vile e poco dignitoso, è l’Associazione Differenza Donna. Essa si oppone all’archiviazione delle indagini avviate nell’ottobre del 2020 e voluta dalla Procura di Roma capitale. Dichiara l’Associazione: “Dalle indagini è emersa, secondo la Procura, una condotta oggettivamente illecita. Hanno violato le norme a presidio della riservatezza delle donne, tuttavia la Procura non considera provato il dolo, ossia la coscienza e la volontà di ledere deliberatamente la privacy. Secondo la Procura, infatti, gli indagati si sono trovati a operare in un contesto privo di normativa chiara e univoca“.
Si è in attesa di riscontri concreti da parte del Gip, a cui si è richiesto un approfondimento delle indagini.
Lo scandalo nel mondo
La scoperta di un cimitero dei feti, non legittimato, fa più scalpore nel resto del mondo che nella stessa Roma. Una Procura che non si cura della privacy dei suoi cittadini e che richiede la chiusura delle indagini, non rende giustizia al valore della legge sull’aborto. Giulia Crivellini – di Radicali Italiani – e Vittoria Loffi – coordinatrice della rete Libera di Abortire – comunicano il loro disappunto sul silenzio delle istituzioni e attendono impazienti risposte dal Comune.
Nel mentre “Al Jazeera english ha appena mandato in onda l’inchiesta ‘Italy’s foetus graveyard’ per la regia di Flavia Cappellini. Proprio il documentario di Al Jazeera evidenzia come non venga tutelata la privacy delle donne, pur garantita dalla legge 194, perché chiunque con una telefonata può chiedere agli uffici cimiteriali capitolini la presenza di una sepoltura indicando il nome della donna che ha abortito“- si legge in una nota.
“Ci eravamo mossi in queste settimane per chiedere alla nuova giunta Gualtieri un’azione immediata, atti concreti e non solo dichiarazioni di solidarietà, ma ancora nulla è cambiato. La situazione drammatica che emerge, a livello internazionale, impone al sindaco e agli assessori competenti di intervenire per garantire i diritti delle cittadine romane, ma anche per dare un segno chiaro e contrario alla prassi della sepoltura del materiale biologico degli aborti senza coinvolgimento delle donne“.
Simonetta Chiariello.