La Befana a Roma: leggende, tradizioni e folklore di un’antica figura

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La figura della Befana, sentita in tutta la penisola, a Roma risulta particolarmente radicata. Il 6 gennaio, nella tradizione cristiana, è il giorno dell’Epifania da cui deriva, appunto, il nome della Befana. Epifania è una parola greca –  ἐπιφάνεια, epifáneia – il cui significato si rende con ”manifestazione” o ”rivelazione”; in questo caso specifico si riferisce alla manifestazione di una divinità. Nella religione cristiana indica, infatti, la prima apparizione di Cristo e più precisamente il giorno in cui Gesù Bambino si manifesta ai tre re Magi giunti a Betlemme.

La Befana a Roma, un’antichissima tradizione

Befana Roma
Photo Credits – mywhere.it

La figura della Befana appartiene alle leggende della tradizione italiana che, nei secoli, si è sempre più radicata. Nell’immaginario comune si associa la figura di un’anziana signora, rattrappita dal freddo e vestita di stracci, che la notte fra il 5 e il 6 gennaio distribuisce doni ai bambini: leccornie, dolciumi e caramelle per la maggiore. Nonostante la tradizione italiana, nelle varie regioni, omaggi la figura della Befana in modo svariato, a Roma specialmente, questa festività risulta molto radicata.

L’origine risulta abbastanza arcaica, in quanto risale ad antichi culti pagani che avevano il fine di essere propiziatori; quest’ultimi, si legavano per lo più all’agricoltura e ai cicli stagionali e quindi erano messi in pratica per far sì che il raccolto del nuovo anno fosse abbondante. Questi culti si rifacevano al Mitraismo o ad antichi culti celtici in seguito assimilati dagli antichi romani.

La Befana nell’Antica Roma: uno sguardo alla mitologia

I riti pagani e celtici, in seguito, si assimilano nella cultura degli antichi romani associandosi al calendario romano usato al tempo. A tal proposito, i romani celebravano la fine dell’anno solare, il solstizio invernale e la ricorrenza del Sol Invictus (25 dicembre).

Una tradizione antica recitava che la dodicesima notte dopo il solstizio invernale si celebrasse il decadimento e, al contempo, la rinascita della natura. Era credenza comune che nel corso di queste dodici notti, allegoria probabilmente dei dodici mesi dell’anno istituiti con la riforma di Numa Pompilio a differenza del calendario di Romolo che ne prevedeva dieci, alcune figure femminili si librassero sui campi. Il mito della Befana come figura volante potrebbe provenire da questi racconti mitologici in cui, esseri femminili, erano solite volare sulle terre potenzialmente fertili per propiziare futuri raccolti.

Alcune leggende identificano la figura femminile in questione con la dea lunare Diana, poiché legata alla natura e alla vegetazione; la dea aleggiava sui campi  insieme alle sue ninfe per benedire i raccolti futuri. Tuttavia, altre versioni associano tale circostanza a due divinità minori: Sàtia (dea della sazietà), oppure Abùndia (dea dell’abbondanza).

Secondo un’altra leggenda, invece, la Befana sembrerebbe collegarsi a un’antica festa di Roma che si celebrava durante l’inverno ed era strettamente connessa al dio Giano, divinità degli inizi a cui era dedicato il mese di gennaio, e a Strenia: divinità anch’essa appartenente alla religione romana di origini sabine, simboleggiante il nuovo anno e la prosperità in cui si era soliti scambiarsi dei doni.

La condanna della Chiesa Cristiana e la simbologia

Ovviamente la Chiesa cristiana condannava queste credenze pagane, ma nonostante tutto non riesce a eliminarle nonostante considerate demoniache. La figura della divinità si trasmuta in Strega, inquietante e sinistra, ma benevola. Una vegliarda grottesca dall’abbigliamento discinto con una scopa: oggetto apotropaico atto a scacciare il male e simboleggiante la purificazione. Una figura che lega a sé anche la concezione di rinascita: lasciarsi alle spalle l’anno vecchio e accogliere le novità che il nuovo anno ha in serbo.

Ancora oggi in alcune regioni italiane, come retaggio vuole, si è soliti bruciare dei fantocci rappresentati la Befana: azioni pagane e purificatrici che, nella tradizione, servivano a scacciare gli influssi negativi. Il carbone e la cenere rimanenti dall’ardere del fantoccio diventano emblema di rinnovamento e, come consuetudine, sono donati insieme ai dolciumi tradizionali tipici. Il Cristianesimo, tuttavia, assegna una connotazione negativa a queste simbologie: il carbone, ancora oggi, è l’emblema del dono offerto ai bambini che hanno una cattiva condotta.


Le celebrazioni in Piazza Sant’Eustachio  fino al 1872 e lo spostamento a Piazza Navona

La figura della Befana si diffonde a Roma intorno al 1800, come testimoniano alcuni scrittori del tempo. La popolazione romana, infatti, si recava in Piazza Sant’Eustachio e qui festeggiavano la Befana con allegria: dolci, giochi, doni, regali, e fantocci rappresentati la figura della vecchina. Un’atmosfera chiassosa e felice rallegrata da canti, suoni e le esposizioni dei pupazzari che, appunto, esponevano le rappresentazioni delle befane in tutti i loro dettagli.

La festa in Piazza Sant’Eustachio si è svolta fino al 1872; in seguito la celebrazione della Befana si sposta nella vicina piazza Navona. Qui si realizza un’enorme illuminazione attorno alla fontana del Bernini, il tutto circondato da bancarelle colme di oggetti natalizi, generi alimentari, leccornie varie, balocchi, dolciumi e un’atmosfera antica, popolare e tradizionale. Tutt’oggi Piazza Navona accoglie ogni anno turisti e cittadini, tutti bramanti di assistere alla tradizione e assaporare l’atmosfera di intensa gioia che si respira.

La leggenda che lega la festa dell’Epifania romana alla basilica e al Bambinello del presepe dell’Ara Coeli

Un’altra leggenda molto nota sulla festa dell‘Epifania a Roma si lega alla basilica e al Bambinello del presepe dell’Ara Coeli, fra le chiese più antiche della Capitale. Noto come ”Er Pupo dell’Ara Coeli”, si racconta che il bambinello in legno appartenente a questo presepe fosse stato scolpito con il legno di un ulivo dell’Orto del Getsemani da un francescano, verso la fine del Quattrocento. Sembra che il bambinello in legno fosse venerato per alcune guarigioni miracolose avvenute nel corso del tempo; si custodiva avvolto in un tessuto dorato attorniato da doni di una certa importanza e preziosi, simboleggianti le grazie concesse. Pare che le sue labbra si tingessero di rosso se la grazia fosse sopraggiunta, mentre si scolorivano, diventando pallide, quando non vi era alcuna possibilità di riceverla. Il Bambinello è stato rubato nel 1994 e, da allora, mai più rinvenuto; oggi si espone una copia dell’originale.

Nonostante il furto, il culto legato al Santo Bambino è ancora molto sentito da gran parte dei romani che, affettuosamente, gli hanno nei secoli donato l’appellativo ”Er Pupo”. Alcune tradizioni legate al Santo Bambino dell’Ara Coeli si svolgevano proprio il giorno dell’Epifania, coincidendo con la festa della Befana. Nell’Ottocento, infatti, il 6 gennaio si portava la statuetta in processione per tutta Roma, in modo tale da benedire la città nel tragitto fino all’Ara Coeli.

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