Per motivi amministrativo-burocratici, la scuola popolare di musica Donna Olimpia è costretta a chiudere i suoi rapporti con l’amministrazione comunale. Con essi terminano una serie di progetti volti all’inclusività sociale e alla rivalutazione delle diversità con specifica attenzione a pazienti psichiatrici
La scuola di musica popolare Donna Olimpia taglia i suoi rapporti con l’amministrazione: ecco le motivazioni
La scuola popolare di musica di Donna Olimpia è costretta a chiudere. Ad annunciarlo è la dirigenza che, in una nota, racconta le motivazione dell’interruzione del servizio proposto in rapporto all’amministrazione.
Il servizio dell’Orchestra Ravvicinata del Terzo Tipo non potrà continuare perché la normativa del codice degli appalti prevede il ricambio tra gli accordi tra Pubblica Amministrazioni ed enti privati.
La scuola popolare di musica Donna Olimpia nasce a Roma nel gennaio 1976 dall’incontro di alcuni giovani musicisti e studenti con gli operatori del Centro di Quartiere Donna Olimpia. Il suo operato si è svolgo nel complesso delle case popolari “I grattacieli”. Dopo una serie di anni, la scuola viene legalmente costituita nel giugno del 1980.
Da sette anni operavano nel quartiere di Monteverde. “Nel gennaio 2019, gli organi preposti della Asl Rm1 hanno richiesto esplicitamente delle manifestazioni di interesse da parte di altre associazioni per la conduzione del progetto: sembrava la fine di ogni possibilità di partecipazione per la nostra istituzione, accompagnata peraltro da argomentazioni di solo ordine burocratico”- affermano i responsabili del progetto di musica e inclusività della scuola.
La proroga ottenuta durante la fase pandemica è giunta alla fine e, come hanno dichiarato a RomaToday, “Dopo sette anni di lavoro la nostra esperienza di orchestra integrata fra musicisti professionisti e pazienti psichiatrici volge al termine, per ragioni indipendenti dalla nostra volontà”.
“Ogni esperienza ha una fine, non ci rammarichiamo di questo ma del processo decisionale che ha portato a questa scelta. Anche perché la legge oggi ci dice che è ammissibile un percorso diverso rispetto a quello del profitto, incentrato sul coinvolgimento attivo degli enti del terzo settore” – conclude Emanuela de Bellis, psicoterapeuta e operatrice del progetto della scuola Donna Olimpia.
Serafina Di Lascio
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