Operazione “Alto Mare”: decapitato sodalizio criminale attivo sul litorale

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Nella mattinata di ieri, il personale della Squadra Mobile ha dato esecuzione a un’Ordinanza di Applicazione di Misure Cautelari Personali, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Roma su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, nei confronti di 17 soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, di aver fatto parte di un’associazione, con base operativa nella zona di Dragona, finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, nonché di cessione e detenzione di sostanze stupefacenti, ricettazione e detenzione abusiva di armi. Ecco i nomi dell’operazione “Alto Mare“:

1.  COSSIGA Daniele, classe’81;

2.  ZUCCHETTA Walter, classe ‘63

3.  COSSIGA Gerardo, classe ‘76

4.  FRANCESCHINI Roberto, classe ‘80;

5.  PETRUCCI Attilio, classe ‘68;

6.  PATACCHIOLA Augusto, classe ‘61;

7.  PATACCHIOLA Alessio, classe ‘88;

8.  SAVOIA Fabio, classe ‘63;

9.  IDRIZI Eridion, classe ‘89

Destinatari della custodia cautelare in carcere

10. RICCA Alfio, classe ‘58 (anche destinatario del divieto di dimora);

11. FINOCCHI Samantha, classe ‘79;

12. MADDALENA Marco, classe ‘73;

13. VERCHIANI Christian, classe ’77.

Destinatari della misura degli arresti domiciliari

14. PENNA Gianluca, classe ’84.

Destinatario del divieto di dimora nel Comune di Roma

Risultano allo stato irreperibili e attivamente ricercati 3 soggetti.

A capo dell’associazione COSSIGA Daniele, con precedenti specifici, gestore del Bar “Grease” a Dragoncello, base logistica presso la quale veniva custodita la sostanza stupefacente in attesa della sua immissione sul territorio capitolino e già teatro di scontri tra sodalizi criminali, in lotta tra loro per il controllo delle zone di spaccio di droga sul quadrante territoriale di Acilia, Ostia, Dragona e Dragoncello.

Operazione “Alto Mare” : le zone di influenza delle organizzazioni criminali

Nel giugno 2018, infatti, alcuni componenti di due gruppi delinquenziali avversi, appartenenti alla famiglia romana dei Sanguedolce, legati da vincoli di parentela con il noto pregiudicato Marco (detto “Barboncino”) Esposito e a quella campana dei Costagliola, da tempo trapiantata ad Acilia, si sono affrontati in una serie di aggressioni armate. Davanti al bar “Grease” è andato prima in scena il tentato omicidio di Gianluca Tirocchi da parte dei fratelli Daniele e Alessio Sanguedolce, i quali lo colpirono con pugni prima di esplodere un colpo di pistola mentre questi si rifugia nel locale. Il fatto non passò impunito: seguì, infatti, un’immediata risposta armata da parte dei Costagliola, chiamati in soccorso dell’aggredito, che irruppero armati sulla piazza alla ricerca dei fratelli e, non trovandoli, pestarono brutalmente, con annesso tentativo di sequestro, Valerio Antonacci.

Gli episodi, avvenuti nella completa omertà sia dei soggetti coinvolti che delle persone presenti, non rimasero impuniti: con l’Operazione “Via del Mare” del maggio 2019, infatti, la squadra Mobile, trasse in arresto per tentato omicidio, sequestro di persona e lesioni personali, i sei protagonisti delle violenze. In questo contesto di frizioni e scontri per il predominio delle piazze di spaccio, si mosse Cossiga, imponendosi sul mercato romano di Dragona e Dragoncello, forte dei suoi rapporti con una serie di reti criminali italiani e albanesi operanti nel territorio capitolino, legate tra loro da accordi economici funzionali all’organizzazione dell’importazione di ingenti quantitativi di stupefacenti.

L’ascesa di Cossiga

Basi logistiche dell’associazione, oltre al bar “Grease” di proprietà della moglie di Cossiga, anche il bar a Dragoncello “Oly&Ste”, del sodale Oliviero Orlandi, deputato, in qualità di c.d. “retta” a custodire armi e stupefacente. È qui che avvenirono gli incontri e si perfezionarono gli accordi tra le varie parti, sempre alla presenza di Cossiga o del suo braccio destro Attilio Petrucci, detto Titti.

Con Petrucci, incensurato e impiegato presso l’AMA, venirono condivise le principali scelte operative e gestite le fasi dell’acquisto e dello smistamento della sostanza stupefacente, come nella circostanza del carico di 90 kg di hashish, venduto ai due da Roberto Franeschini e Alfio Ricca, i quali lo avevano a loro volta ricevuto dall’albanese Idrizi. Acquirenti finali di tale partita di hashish, che si rivelerà poi di pessima qualità, i fratelli Valter e Marco Maddalena. Le difficoltà di smercio della partita di droga sul mercato, emergono dai dialoghi intercettati in ambientale tra Petrucci e Cossiga, ai quali, in una occasione, assistette anche il noto pregiudicato lidense Roberto Giordani, detto Cappottone. Cossiga, in particolare, si mostrò irritato perché i fratelli Maddalena presero tempo per reperire gli acquirenti non pagando la fornitura, tanto che decise alla fine di recuperare parte del carico e cederlo a Gianluca Berardelli.

A conferma di questo ulteriore scambio, l’arresto eseguito nei confronti di Berardelli, trovato in possesso di più di 72 chili di hashish e le parole del Cossiga che, intercettato, sostenne di non volersi accollare per intero l’onere economico dello stupefacente sequestrato, aggiungendo che dovrà, invece, essere equamente diviso anche con gli altri acquirenti. La dimostrazione che il gruppo criminale fosse ben inserito nel mercato e sia in grado di movimentare rilevanti quantitativi di sostanza stupefacente, si ha nell’ottobre 2018, quando Cossiga venne sorpreso con più 488 chili di hashish, acquistato sempre da Idrizi e da altri due albanesi e pronto per essere diviso tra i vari co-acquirenti Augusto e Alessio Patacchiola, Fabio Savoia e Roberto Franceschini. Nonostante l’arresto subìto da Cossiga, però, l’operatività dell’associazione non venne meno.

I coinvolgimenti di altri soggetti

Deputati a mantenere attive le interazioni criminali tra il vertice dell’organizzazione, gli altri sodali e gli acquirenti, infatti, sono Gerardo Cossiga e Samantha Finocchi, rispettivamente  fratello e moglie di Daniele Cossiga, i quali intrattennero costanti rapporti con quest’ultimo attraverso i colloqui in carcere e ne veicolarono poi i messaggi all’esterno, in particolare quelli relativi alla destinazione della sostanza stupefacente non ancora commercializzata e alla definizione delle pendenze economiche. È sempre Cossiga a gestire le operazioni, a tenere i conteggi relativi agli scambi di droga e a impartire ordini per il tramite del fratello e della moglie. Non meno importante è l’apporto fornito da Christian Verchiani e Walter Zucchetta, entrambi gravati da precedenti specifici e stabili acquirenti del vertice delle operazioni, con il quale intrattengono fitti rapporti commerciali, chiamati a collocare lo stupefacente sul mercato al dettaglio.

Il coinvolgimento dei venditori albanesi e del “gruppo di acquisto” per l’affare dei 488 chili di hashish, emerse chiaramente dalle dichiarazioni alle quali si lasciò andare Cossiga in carcere, lamentandosi della sfortunata serie di eventi per i quali fu rimasto l’unico coinvolto nell’operazione di polizia: “Quella sera eravamo in sei, so ito bevuto solo io, in sei eravamo aho, tre albanesi, due con la macchina, il vecchio, il ragazzo, io, e m’hanno bevuto solo a me”. Le circostanze del suo arresto, infatti, sono strettamente connesse al ritardo dei “cavalli” di Franceschini, Alfio Ricca e Gianluca Penna: questi ultimi, incaricati di recuperare lo stupefacente, si presentarono tardi all’appuntamento con Cossiga che, non riuscendo a portare a termine velocemente lo scambio, venne arrestato all’interno del comprensorio di via Giovanni Spano Dragona.

In occasione del suo arresto, venne anche eseguita una perquisizione all’interno del bar “Oly&Stè” dove vennero rinvenuti altri 68 chili di hashish, nonché un revolver Smith&Wesson che Oliviero Orlandi, proprietario del locale, indicò appartenere a Daniele Cossiga. Per tali fatti Orlandi, giudicato in separato procedimento, è stato condannato in via definitiva a 4 anni e 4 mesi di reclusione.

Operazione “Alto Mare”: Ostia, Acilia e dintorni il teatro del crimine

Peraltro, il revolver del bar non è l’unica arma nella disponibilità di Cossiga. Nel corso delle indagini, infatti, vennero sequestrati all’interno dell’abitazione di un soggetto estraneo all’organizzazione, un altro revolver Smith&Wesson con matricola abrasa e 153 cartucce. Che tale materiale sia in realtà di proprietà di Cossiga, chiamato a rispondere anche di ricettazione, detenzione e porto abusivo di armi,  è non solo ammesso dal proprietario dell’appartamento, ma anche attestato dal contenuto delle intercettazioni telefoniche nelle quali il protagonista chiese di poter accedere al luogo adibito al nascondiglio, per recuperare il “ferro”. Nella mattinata di ieri, inoltre, sono state eseguite 4 perquisizioni delegate, nei confronti di altrettanti soggetti indagati, non destinatari di provvedimento restrittivo.

Lo spessore criminale dei soggetti coinvolti, gli ingenti quantitativi di sostanza stupefacente sequestrata e le risultanze acquisite nel corso delle indagini, cristallizzano ancora una volta come i territori di OstiaAcilia e dintorni rappresentino un mercato appetibile per più organizzazioni criminali, in lotta tra loro per il predominio delle attività illecite, in particolare il controllo delle piazze di spaccio. L’operazione “Alto Mare”, infatti, si inserisce all’interno di un incisivo quadro di azioni della Procura capitolina e della Squadra Mobile, tese a contrastare le consorterie criminali operanti sul litorale romano.

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