Un castello tedesco come oggetto della truffa aggravata in concorso: questo il reato contestato a 4 persone, tra cui una donna, rispettivamente di 41, 23, 29 e 23 anni denunciate in stato di libertà dagli agenti della Polizia di Stato del commissariato Viminale, diretto da Fabio Abis, poiché responsabili di aver truffato un cittadino tedesco della somma di 480 mila euro in contanti. In particolare, nella giornata del 15 settembre, presso gli uffici del commissariato, si è presentato un cittadino tedesco per sporgere regolare denuncia. L’uomo ha riferito che nel mese di agosto aveva pubblicato un annuncio su un quotidiano tedesco dove ricercava persone in grado finanziare il suo progetto di ristrutturazione di un castello di sua proprietà. La somma necessaria ammontava ad Euro 10.000.000,00. Pochi giorni dopo è stato contattato, sia tramite e-mail che per telefono, da un uomo, il quale, interessato al suo progetto, gli riferiva che era in grado di trovare il finanziatore in cambio di una commissione ammontante al 5% dell’importo finanziato.
Truffa del castello tedesco: il fermo
Dopo diversi contatti ed incontri, tutti avvenuti a Roma, come da accordi, la parte offesa è arrivata nella Capitale nella serata del 14 per incontrarsi con il suo interlocutore presso un lussuoso hotel in zona Monte Mario, la mattina seguente. Proseguiva dicendo che, nel corso dell’incontro, come da precedenti accordi, aveva portato il denaro contante necessario per pagare la commissione agli ignoti procacciatori di affari e ammontante ad Euro 480.000,00. Tale somma, suddivisa in varie mazzette da 200 Euro, veniva consegnata a due intermediari che effettuavano un conteggio tramite un’apposita macchinetta conta soldi e con molta abilità, riuscivano a sostituire le banconote vere con altre, palesemente false, riportanti la scritta “Fac -Simile “.
Le indagini, immediatamente avviate dai poliziotti del commissariato Viminale, hanno consentito di acquisire le immagini registrate dalle telecamere di sorveglianza del predetto hotel dalle quali si poteva rilevare il numero di targa di un’autovettura Mercedes riportante la scritta NCC, dalla quale scendevano due dei presunti autori della truffa che, poco dopo, insieme alla vittima, entravano in hotel da dove uscivano dopo circa 20 minuti. Ulteriori verifiche hanno consentito di accertare che il veicolo, rilevato dalle immagini, era in uso ad un cittadino tunisino in regola con il permesso di soggiorno e dipendente, con mansioni di autista, di una cooperativa di noleggio con conducente operante nella Capitale.

Le ispezioni delle Forze dell’Ordine
Ispezionata l’autovettura, sotto il sedile posteriore i poliziotti hanno rinvenuto una delle buste poco prima depositata, da dove fuoriuscivano alcune mazzette di banconote da 200 euro ciascuna per un valore complessivo di Euro 201.050,00, mentre all’interno di un borsello rinvenuto nel bagagliaio è stata ritrovata la somma di Euro 2267,80 Euro, vari telefoni cellulari, ed altro materiale utile alle indagini, il tutto debitamente sequestrato. Inoltre, dopo aver eseguito la perquisizione locale all’interno dell’appartamento di via di Parione 44, sono stati rintracciati due dei quattro malviventi.
Nel corso della perquisizione, sotto l’armadio della camera da letto, i poliziotti hanno rinvenuto la somma contante di 47 mila Euro nonché una valigia contenente una quantità ingente di banconote da 100 e 200 Euro riportanti tutte la scritta “Fac – simile“; una macchina conta soldi, utilizzata per commettere il reato, 6 telefoni cellulari, alcuni timbri con ceralacca e una cartella di colore blu con all’interno varia documentazione in lingua tedesca tra cui mappe e fotografie raffiguranti un castello, numerosi biglietti da visita, una borsa “Burberry” in uso ad uno dei due finti intermediari delle dimensione e caratteristiche identiche a quella registrata dalle telecamere dell’hotel, dove all’interno sono stati trovati 5 mila euro suddivisi in 25 banconote da 200 Euro – compenso ricevuto per il contributo alla riuscita della truffa. Tutti i fermati sono stati accompagnati negli uffici di Viminale dove, dopo gli accertamenti di rito e dopo aver avvisato telefonicamente il Pubblico Ministero di turno, sono stati foto segnalati e denunciati in stato di libertà, in concorso tra loro, per il reato di truffa aggravata.
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