NLa tradizione romana dedica 19 marzo alle celebrazioni di ”San Giuseppe Frittellaro”. Questa antica tradizione Capitolina si festeggia con i famosi bignè fritti, ma a renderla molto sentita è anche il retaggio popolare che, nel corso degli anni, si è diffuso notevolmente. La figura di San Giuseppe, infatti, è molto venerata dal popolo romano che lo omaggia con riti, feste e tradizioni fin dall’antichità. Questa antica tradizione Capitolina si festeggia con i famosi bignè fritti, ma a renderla molto sentita è anche il retaggio popolare che, nel corso degli anni, si è diffuso notevolmente. La figura di San Giuseppe, infatti, è molto venerata dal popolo romano che lo omaggia con riti, feste e tradizioni fin dall’antichità.
San Giuseppe Frittellaro, origine della festa nelle tradizioni pagane dei Lupercalia e Liberalia

Il 19 marzo la tradizione cattolica festeggia San Giuseppe, patriarca e sposo verginale di Maria e padre putativo di Gesù. La devozione di San Giuseppe è diffusa in tutta la Penisola; il Santo sposo della Vergine, infatti, è venerato per esser protettore dei poveri, dei padri di famiglia, dei falegnami e degli artigiani in genere. Ma il retaggio per il quale il 19 marzo si attua tale celebrazione ha origini pagane e, più precisamente, genera da alcuni riti e tradizioni dell’antica Roma.
Fra tutti capeggiano i Lupercalia, celebrazioni ricadenti fra il 13 e il 15 febbraio in onore del dio Fauno nella sua accezione di Luperco; divinità rurale protettrice del bestiame e della fertilità. Le celebrazioni erano svolte per propiziare la fecondità della terra: durante i riti ci si purificava per accogliere l’inizio della primavera portatrice di nuovi raccolti. Un’altra celebrazione da cui trae origine la festa di San Giuseppe Frittellaro sono i Liberalia, rituali in cui si celebrava la fecondità in attesa dell’equinozio di primavera.
Durante questi cerimoniali appartenenti all’antica Roma si era soliti bruciare, simbolicamente, le rimanenze dei raccolti dell’anno precedente; ai festeggiamenti, poi, seguiva la tradizione di servire delle frittelle. La tradizione ha poi portato affettuosamente a chiamare il Santo con il simpatico appellativo di San Giuseppe Frittellaro.
Le tradizioni a Roma
Per quanto riguarda le tradizioni verso la figura di San Giuseppe fra le più note vi è quella della Confraternita di San Giuseppe dei Falegnami. Verso fine del ‘500, infatti, sorge la costruzione della chiesa al Foro Romano dell’architetto Giacomo della Porta. La chiesa in questione diventa, così, il punto centrale in cui si svolgono le varie celebrazioni del 19 marzo; fra tutti, la Messa organizzata dalla stessa Confraternita di San Giuseppe dei Falegnami a cui si corredava la vendita di dolciumi come i famosi bignè e le frittelle. L’appellativo San Giuseppe Frittellaro è possibile risalga proprio alla leggenda per cui il Santo, durante il suo esilio in Egitto, avrebbe svolto tale mansione che, secondo la tradizione, lo voleva pasticciere di strada.
Molto nota è anche la processione del quartiere Trionfale in onore del Santo, svoltasi fino alla fine degli anni ’60, probabilmente dovuta anche alla presenza della Basilica di San Giuseppe al Trionfale. La processione iniziava dalla Basilica terminando sotto la statua di San Giuseppe con una scorpacciata di frittelle e bignè fitti, richiamando ancora l’appellativo dato al Santo in San Giuseppe Frittellaro.
San Giuseppe Frittellaro nella cultura popolare
Nella cultura popolare non sono mancati sonetti o poesie rivolte alla figura di San Giuseppe Frittellaro a riprova, ancora una volta, di come la sua venerazione fosse diffusa per tutta la Capitale. Giuseppe Gioacchino Belli e Giggi Zanazzo decantano la figura del Santo in alcuni sonetti, tuttavia è nel componimento del poeta Checco Durante che si trova una testimonianza evidente di profondo attaccamento al Santo e alla stessa ricorrenza. Il poeta scrive nel 1950 una poesia-preghiera i cui versi in romanesco celebrano la potenza del padre putativo di Gesù e l’amore del popolo verso San Giuseppe:
San Giuseppe frittellaro
tanto bbono e ttanto caro,
tu cche ssei così ppotente
da ajutà la pora ggente,
tutti pieni de speranza
te spedimo quest’istanza:fa sparì dda su la tera
chi ddesidera la guera.Fa vvenì l’era bbeata
che la ggente affratellata
da la pace e dar llavoro
non ze scannino tra lloro.Fa ch’er popolo italiano
ciabbia er pane quotidiano
fatto solo de farina
senza ceci né saggina.Fa cche ccalino le tasse
e la luce, er tranve e’r gasse;
che ar ttelefono er gettone
nu’ lo mettano un mijone,
che a ppotè legge er ggiornale
nun ce serva ‘n capitale.Fa che tutto a Campidojo
vadi liscio come ll’ojo:
che a li ricchi troppo ingordi
je se levino li sordi
pe’ ccurà quer gran mmalato
che sarebbe l’impiegato,
che così l’avrebbe vinta
p’allargasse’n po’ la cinta.
Mo quer povero infelice
fa la cura dell’alicee la panza è ttanto fina
che se ’ncolla co’ la schina.
O mmio caro San Giuseppe
famme fa ‘n ber par de peppe (scarpe),
ma fa ppure che er pecione (carzolaro)
nun le facci cor cartone
che sinnò li stivaletti
doppo ‘n mese che li metti
te li trovi co li spacchi
ssenza sola e ssenza tacchi.E fa ppure che’r norcino
er zalame e er cotichino
ce lo facci onestamente
cor maiale solamente
che ssinnò lì drento c’è
tutta l’arca de Noè.Manna er ffreddo e mmanna er zole,
tutto quello che cce vole
pe’ ffa bbene a la campagna
che ssinnò qqua nun ze magna.Manna l’acqua che ricrea
che sinnò la Sora ACEA
ogni vorta che nun piove
se’mpressiona e ffa le prove
pe’ ppoté facce annà a lletto
cor lumino e’r mmoccoletto.O ggran santo bbenedetto
fa che ognuno ciabbia un tetto,
la lumaca affortunata
cià la casa assicurata
cha la porta sempre appresso…
fa ppe’ noi puro lo stesso:
facce cresce su la schina
una cammera e ccucina.Fa che l’oste, bbontà ssua,
pe’ fa er vino addopri l’uva,
che ssinnò, quanno lo bbevi,
manni ggiù l’acqua de Trevi.
Così er vino fatto bbene
fa scordà tutte le pene
e tte mette l’allegria.
Grazie tante….
…………..Accusì ssia !!!!!
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