Sanità Regione Lazio, il grido di aiuto di una dottoressa: “Situazione pessima”

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La repressione tirannica portata dal Coronavirus ha messo in difficoltà ogni ambito della vita quotidiana. La malattia virale esplosa in Cina, però, ha avuto “il merito” di mettere sotto ai riflettori tutti i problemi, retaggio di anni ed anni di tagli, del compartimento sanitario del nostro Paese. Accanto al dolore, comprensibile, dei malati, questa volta anche i medici, categoria spesso silenziosa, sono riusciti a portare all’attenzione dell’opinione pubblica il proprio grido di aiuto. Come è cambiata la vita dei medici? Come hanno affrontato ed affrontano tutt’ora questo momento così complicato? Soprattutto: la Sanità della Regione Lazio in quale situazione versa?

Lucy Zaccaro, dottoressa e presidente di un’associazione di medici chiamata Mus (Medici Uniti per la Salute), ci ha raccontato le problematiche, le criticità da migliorare e quale futuro potrebbe avere l’intero universo medico della Regione Lazio e, più generalmente, dell’Italia.

Sanità Regione Lazio: l’intervista al presidente di “Medici uniti per la salute”

Situazione attuale della Sanità a Roma e nel Lazio: “L’attuale situazione della Regione Lazio, in tema di sanità, è a dir poco pessima. Il contact tracing è miseramente fallito, poiché il personale preposto era poco e oberato di lavoro. Le tempistiche fra il tampone e la comunicazione dell’esito alle volte superiori a una settimana. Per non parlare degli ospedali, letteralmente presi d’assalto poiché la medicina del territorio, abbandonata a sé stessa, non riesce fisicamente a far fronte a tutti i pazienti. Pochi specialisti e pochi medici di medicina generale. Un personale in numero maggiore avrebbe evitato il totale sfacelo che invece c’è“.

Problemi nel ricambio generazionale e delle borse regionali: “Non è un segreto, abbiamo i medici più vecchi d’Europa. Ed il Lazio non fa eccezione. Vengono stanziate dalla Regione Lazio solo 5 borse di specializzazione e quest’anno ben 80 borse in meno per la medicina generale, senza la benché minima programmazione sulla base dei fabbisogni degli abitanti della Regione. Questo fa sì che non ci sia la tangibile e reale possibilità di favorire il ricambio generazionale“.

Difficoltà e paure di un medico in questo periodo governato dal Covid-19: “Le difficoltà sono così tante. In primis l’insufficiente numero di colleghi, con turni tremendi, che durano anche più di 24 ore. La paura di commettere errori per la troppa stanchezza. Errori che possono poi nuocere al medico stesso o al paziente. La paura e la difficoltà di non riuscire a curare tutti, di non riuscire a dedicarsi a tutti. La paura di portare il virus a casa propria, si propri cari“.

Poche tutele per i medici: “A differenza della prima ondata, i Dpi non sono così scarsi. Da questo punto di vista ora va meglio. Ma, ad esempio, i medici di medicina generale non sono stati provvisti di tutto ciò che serve per andare a casa dei pazienti a visitarli. Non hanno mascherine, non hanno guanti, non hanno camici monouso, che pure le Asl dovrebbero fornire. Le comprano spesso da soli. Direi, anzi, quasi sempre. Sulle tutele c’è ancora molto da fare. Anche per quelle assicurative“.

Il futuro: “Mi aspetto un futuro in cui siano calcolati i reali fabbisogni della popolazione per quanto riguarda i medici specialisti, perché 5 borse sono una vergogna. Una sorta di elemosina. Mi aspetto che il paziente diventi il centro di tutto, che non debba attendere anni per essere visitato e curato, che non muoia di liste d’attesa, come accadrà se non cambiano le cose. Mi aspetto che ci siano investimenti più sulla sanità che sulla digitalizzazione, al contrario di quanto previsto dall’attuale recovery plan. Mi aspetto che la medicina del territorio sia sostenuta e rilanciata, perché è il solo baluardo che permette di non affollare gli ospedali. Spero non rimangano solo attese vane le mie“.

ANDREA MARI

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