Sentimenti proibiti in scena con Venere in Pelliccia

Bellucci e De Feo aprono la stagione del Teatro Lo Spazio

Al Teatro Lo Spazio è lo spettacolo “Venere in Pelliccia” ad aprire la stagione del rinnovamento e del riscatto per la sala all’ombra della Basilica di San Giovanni, luogo off pronto ad accogliere e raccontare gli antri più articolati e variopinti dell’animo umano. Così l’ha immaginata il nuovo direttore artistico Manuel Paruccini che, per debuttare nel panorama dei teatri romani, ha scelto il celebre romanzo erotico di Leopold von Sacher-Masoch, pubblicato nel 1870.

La copertina di Venere in Pelliccia, spettacolo di apertura stagione 2020-21, Teatro Lo Spazio

Una vera e propria prima pietra letteraria, che indaga l’ampio spettro della sfera psicosessuale che fa riferimento ai generi sado-masochisti, tanto da aver generato essa stessa l’origine del termine: masochismo – da Masoch, per l’appunto. E così, sul palco di Via Locri prende vita l’ispirata e Masochiana pièce di David Ives, nella versione tradotta da Masolino D’Amico, interpretata da Patrizia Bellucci e Gianni De Feo in una produzione a cura di Florian Metateatro.

Patrizia Bellucci e Gianni De Feo, protagonisti di Venere in Pelliccia

È un tuffo all’interno di acque profonde quello proposto da De Feo, responsabile della regia, oltre che protagonista in scena accanto ad una convincente Patrizia Bellucci, nei panni del delicato ruolo di Wanda von Dunayev, donna dotata di grande fermezza, erotismo e capacità ipnotiche. L’attrice si accosta alla caratterialità del personaggio in più momenti della rappresentazione, dove basta un gesto, a volte insulso, a dare il peso di ogni intento non detto. Riponendo un fermaglio tra i capelli, o volgendo lo sguardo di traverso, torna quella femminilità autoritaria del personaggio descritto da Sacher-Masoch, inarrivabile anche per le più navigate interpreti.

Patrizia Bellucci e Gianni De Feo, interpreti di Venere in Pelliccia. Foto Manuela Giusto

La sensualità è un dono prezioso, complicato da riproporre, anche per le attrici più capaci. Eppure c’è. Sotto la pelle della donna tutta d’un pezzo, pulsa il sangue caldo della passione, che ben si incastra a quella risaputa di Gianni De Feo nei panni di Thomas, un regista tormentato dal suo nuovo allestimento teatrale che poi si rivela lo specchio del proprio tormento interiore. Un tormento che diviene godimento. Quanto più Thomas subisce da Wanda, tanto più è felice della sua scoperta. Ha trovato la protagonista del suo spettacolo e, forse, anche dei suoi pensieri più reconditi. Colei per cui vale la pena esser crocifissi sull’altare del proprio piacere, dove osannare un amore così proibito e ardito che non troverà mai facile e comune concezione. Un legame che va oltre il sentimento e per cui restare legati, per forza e per diletto.

Foto di scena. Bellucci e De Feo in posa per Venere in Pelliccia

È la storia di una padrona e di uno schiavo e del loro profondo amore. Di quel nodo stretto ai polsi, che ti tiene fermo con la forza e allo stesso tempo ti fa sentire estremamente libero. Sottomissione e umiliazione per raggiungere l’estasi di un martire, così Sacher-Masoch descrive il sentimento nel suo cult, nella raccolta “L’Eredità di Caino” all’interno della serie dedicata (per l’appunto) all’Amore. Allo stesso modo gli attori ripropongono le medesime suggestioni, con il racconto della beatitudine del piacere raggiunta attraverso l’umiliazione, un gioco sottile che ha ruoli ben definiti e contorni marcati. Segni che lasciano solchi sulla pelle, arrivando fino al cuore.