La sigla <<ADT>> è stata utilizzata per indicare che la bambina è stata riconosciuta con la stepchild adoption. La Corte costituzionale si occuperà del caso.
È successo a Roma, infatti, che sul retro del documento, dove si devono indicare i genitori, accanto al nome della mamma Maria, il Comune di Roma ha messo la sigla «ADT», che sta per adottiva. Il fatto è che, questa sigla, è assolutamente vietata per i bambini adottati proprio perché alla base vi è l’idea di non fare distinzioni e perché sarebbe, in caso contrario, una vera e propria discriminazione.
Perché è stata utilizzata la sigla «ADT»?
La bambina è figlia di una coppia di donne, nata grazie alla fecondazione eterologa fatta all’estero. Nel 2014 il Tribunale ha riconosciuto il rapporto della bambina e della mamma Maria e, facendo leva sulla stepchild adoption (l’adozione in casi speciali), si è permesso di registrare legalmente questo legame.
Lo scorso anno, la Cassazione ha emanato le sentenze numero 7668 e numero 8029 e la Corte costituzionale la numero 230 del 4 novembre. Queste sentenze hanno permesso di intraprendere la via privilegiata per tutelare i minori e i loro diritti nei confronti delle persone che li hanno messi al mondo, vista l’assenza di leggi specifiche per i figli di coppie dello stesso sesso.
La stessa stepchild adoption che sette anni fa aveva rappresentato un avanzamento nella tutela dei minori, oggi sembra mostrare diverse problematiche. Sono proprio queste problematiche riscontrate che portano diversi tribunali e i vari sindaci ad appellarsi ai diritti fondamentali della Costituzioni, ai trattati internazionali e alle altre leggi estere, per poter garantire una piena tutela dei diritti dei figli di coppie omosessuali.
Proprio riguardo queste problematiche, la Corte costituzionale dovrà esprimersi il 27 gennaio, occupandosi di due casi che riguardano i figli di coppie lesbiche e gay.
Questo non è il primo caso di “ADT”
Il primo riguarda Valentina, una donna di Padova, che ha avuto due gemelle con la ex compagna. Le due donne hanno deciso insieme di diventare madri con la fecondazione eterologa fatta all’estero. Il secondo caso all’esame della Consulta riguarda invece una coppia di padri di Verona, che sono diventati genitori con la maternità surrogata, in Canada, dove sono nati i loro figli.
In entrambi i casi, la Corte dovrà rispondere ai dubbi dei due tribunali sui limiti della tutela garantita ai minori dall’adozione in casi speciali.
Valentina Cuffaro