Teste di capretto mozzate e lettere intimidatorie: così Cosentino minacciava una famiglia

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Paolo Cosentino, facente parte di una famiglia calabrese che cura diversi affari nella Capitale, è nei guai dopo le indagini svolte dalle Forze dell’Ordine: è accusato, infatti, di tentata estorsione e di minacce aggravate dal metodo mafioso. L’uomo utilizzava teste di capretto mozzate e lettere anonime intimidatorie, tutte inviate al recapito di una famiglia che si era frapposta con i suoi interessi, per scoraggiare padre e figlio.

Nella mattinata odierna, personale della Squadra Mobile di Roma, in collaborazione con la Squadra Mobile di Catanzaro, ha dato esecuzione all’ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Roma su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di Paolo Cosentino, classe ‘70, ritenuto responsabile, in concorso con persone non identificate, di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Nei guai, dopo le indagini, Paolo Cosentino

Le indagini sono iniziate nel gennaio 2019, quando un pensionato e suo figlio, proprietari di alcuni terreni, hanno ricevuto presso le proprie abitazioni due pacchi, contenenti ognuno una testa di capretto mozzata, scuoiata, insanguinata e avvolta nel cellophane. Il messaggio legato a questi pacchi, inviato con modalità tipicamente mafiose, oltre ad intimorire i destinatari, richiama immediatamente alle lori menti le problematiche legate ad una controversia civile pendente con una famiglia calabrese di costruttori, i Cosentino, titolari di una società immobiliare.

La società, infatti, aveva costruito alcuni villini a Roma su un terreno di proprietà dei due soggetti, non ottemperando poi agli obblighi contrattuali, come giudizialmente accertato dal Tribunale Civile di Roma che aveva disposto, a favore di padre e figlio, la titolarità di tre villini e un risarcimento pari a 480.000 euro. I due, a seguito dell’inadempimento della famiglia Cosentino, erano stati peraltro costretti ad avviare una procedura esecutiva. Dall’attività di indagine intrapresa, è emerso che nel novembre 2018, Paolo Cosentino si era recato presso lo studio legale che seguiva tale procedura, proponendo, per chiudere la controversia, 150.000 euro, somma nettamente inferiore rispetto a quella stabilita dal Tribunale.

Peraltro, l’analisi dei tabulati telefonici aveva restituito una serie di contatti tra il fermato e una delle parti offese, avvenuti subito dopo l’emissione della sentenza del Tribunale di Roma e verosimilmente finalizzati a chiudere la controversia a condizioni più sfavorevoli di quelle lì statuite. Inoltre, si è appurato che, sempre il protagonista di questa vicenda, a riprova del chiaro intento di non voler pagare quanto dovuto, aveva acquistato il credito ipotecario di 1° grado di una banca, gravante su uno dei tre villini (peraltro locato ad una terza persona) e aveva iscritto un credito per prestazioni professionali di € 300.000,00 sulla base di un atto di riconoscimento di debito da parte della società immobiliare calabrese, con l’evidente finalità di impedire dolosamente la possibilità di recupero dei villini e delle somme dovute a titolo di risarcimento del danno.

I pacchi con le teste di capretto inviati a padre e figlio entrati in rotta con la famiglia

A seguito della ricezione dei pacchi contenenti le teste di capretto, in preda ad una forte agitazione legata al timore per quanto accaduto, il figlio ha comunicato al proprio avvocato di voler accettare la proposta transattiva, anche se sfavorevole. Dalle telefonate intercettate, traspare con tutta evidenza lo stato di sottomissione dell’intera famiglia che, però, non si è decisa a cedere alla proposta. A causa del prolungarsi di questa indecisione, nel marzo 2019 è stata recapitata ad una delle vittime, una missiva anonima dal contenuto minatorio e con un chiaro riferimento a possibili atti lesivi nei confronti suoi e della sua famiglia.

Gli accertamenti sulla lettera e le attività tecniche di intercettazione telefonica, hanno consentito di individuare in Paolo Cosentino il reale mittente della missiva minatoria, affidata ad un terzo soggetto affinché venisse spedita da un luogo diverso rispetto a Lamezia Terme, al fine di eludere le eventuali verifiche. Che sia proprio il lui l’autore materiale dell’intimidazione, emerge chiaramente dalle conversazioni intercettate: in una, l’uomo chiede notizie al soggetto circa la spedizione della lettera; nell’altra, la terza persona si lamenta di essere stata usata per spedire una lettera a Roma.

È in questo quadro di forte intimidazione che si inseriscono le condotte della famiglia Cosentino, con Paolo soggetto con elevata e raffinata capacità criminale, finalizzate a ingenerare uno stato di assoggettamento e timore, con modalità proprie delle associazioni mafiose, in questo caso “ndranghetistiche”, allo scopo di tutelare gli interessi del suo gruppo familiare e costringere la parte offesa ad accettare un accordo sfavorevole. L’invio delle teste di capretto mozzate e della lettera anonima quali messaggi finalizzati ad ingenerare, nelle controparti della controversia giudiziaria, uno stato di assoggettamento ed omertà, infatti, integra nei confronti di Cosentino l’aggravante dell’avere agito con metodo mafioso, attraverso l’impiego di modalità d’azione e della forza intimidatrice tipiche dell’”ndrangheta.

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