circa 500 i casi segnalati a Roma di violenza domestica negli ultimi cinque mesi. Questi i dati che arrivano da Bo Guerreschi dell’associazione antiviolenza “Bon’t worry“. Giustizia troppo lenta e racconti delle vittime sottovalutati è quanto denunciato dalla presidente della onlus.
Violenza sulle donne: 500 i casi segnalati a Roma negli ultimi cinque mesi
Bo Guerreschi, presidente della onlus “Bon’t Worry“, fa riflettere: “Dall’inizio del 2022 abbiamo ricevuto 908 richieste di assistenza solo a Roma. Di queste, oltre 500 riguardano casi di violenza domestica“. Più di 100 i casi di violenza al mese tra gennaio e maggio dunque, come sottolinea il Corriere della Sera.
Guerreschi evidenzia come, seppur gigantesco, si tratti comunque di un numero di denunce sottostimato e spiega come molte donne arrivino al punto di non denunciare la propria situazione per via dei tempi della giustizia troppo lunghi, oltre che per la paura di non essere credute. Dopo una denuncia si attiva il “codice rosso“, un obbligo di procedere con urgenza. “Le forze dell’ordine svolgono le indagini in pochi giorni, il problema subentra quando i casi passano nelle mani dei magistrati e dei gip: a quel punto bisogna aspettare la chiusura delle indagini. I racconti delle donne sono sottovalutati, le denunce spesso non vengono neanche lette“, commenta Guerreschi.
La presidente specifica inoltre che “dal momento della denuncia all’attivazione delle misure cautelari possono passare anche 8 mesi” e ricorda il caso della 16enne vittima di uno stupro di gruppo la notte del 31 dicembre 2020 in una villetta di Primavalle. Per i responsabili la misura cautelare è arrivata dopo un anno, e a un anno e mezzo, sottolinea Guerreschi, non c’è ancora stata la chiusura delle indagini.
Guerreschi: “Il primo diritto umano è il diritto inviolabile della vita”
Guerreschi racconta i casi di alcune vittime che hanno chiesto aiuto all’associazione volendo sensibilizzare sull’importanza di una loro maggiore tutela, nonché di una misura cautelare adeguata, oltre che immediata, per gli aggressori: “Il divieto di avvicinamento viene violato troppo spesso senza conseguenze. Così chi vuole uccidere, alla fine ci riesce lo stesso”, e ancora: “L’indirizzo delle case protette viene scritto sugli atti: così tutti sanno dove sono”.
C’è la storia di una ragazza di 25 anni, che per 6 mesi ha subito gli abusi del compagno e che oggi continua ad essere ancora intimidita dall’uomo nonostante il braccialetto elettronico. C’è quella di una ragazza perseguitata e minacciata di morte ogni giorno dal suo ex, e che ancora oggi riceve innumerevoli quotidiane telefonate anonime. E poi c’è l’ultima, una storia che risale a pochi giorni fa: una ragazza aggredita dal ragazzo con cui si trovava in casa per essersi rifiutata di praticare sesso anale dopo aver avuto un rapporto consenziente. La vittima ha riportato lividi e una contusione alla spina dorsale, l’aggressore è libero.
“Quello che mi fa più rabbia è che lo Stato non voglia riprendere in mano la propria dignità. La giustizia deve riprendersi il potere di essere giustizia: il primo diritto umano è il diritto inviolabile della vita“, queste le parole di Guerreschi.
Giamila D’Angelo
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